mercoledì 28 ottobre 2009

NO ALLA CROCIATA CONTRO L’AUTO

Non vogliamo Milano ferma, senza entusiasmi, con panchine per pensionati, città morta.

Non vogliamo che venga snaturato lo spirito movimentalista di Milano, città che corre.

Non vogliamo che vengano cancellate le caratteristiche di fondo e fondanti di Milano, città di commercio e terra di passaggio sempre attraversata da persone e merci.

Non vogliamo che venga dimenticata la sua privilegiata posizione geografica terra di mezzo di vasta pianura in cui la vita è sempre stata affascinante per il suo vorticoso ritmo.
A Milano è nato il futurismo con il suo inno alla velocità.

No, l’attuale giunta comunale e in particolare l’assessore Croci non può togliercelo.

Con la sua ideologia del lento, prudente, rivolto al vecchio, sostanzialmente privo di innovazione.
Con la sostanziale chiusura del Centro alle auto ( private )
Con la sua chiusura, totale o parziale delle grandi arterie di scorrimento ( Corso Magenta, Corso Italia, Via Lamarmora, Via Lazzaretto, ecc. )
Con l’invenzione di Isole Ambientali, riserve improduttive per persone oziose.
Con il restringimento indiscriminato di carreggiate e creazione di enormi rotonde allo scopo, dichiarato, di dissuadere il traffico automobilistico, infatti sono stati battezzati dissuasori.
Con la creazione di Isole Pedonali sosta di sfaccendati e terra di bande.
Con il dilagare delle soste a pagamento, altro tipo di dissuasori che oltretutto colpiscono le persone meno abbienti.

Si sono abbandonate ipotesi di metropoli, cancellati o rimandati "sine die" le grandi opere viabilistiche: tunnel, svincoli, assi attrezzati, sovra e sottopassaggi, sevizi di elicotteri, di funivie
Tutte le misure di dissuasine del traffico automobilistico sono definite ( falsamente ) ecologiche, mentre in effetti fanno aumentare la quota parte di inquinamento da motori ad alimentazione da idrocarburi, sia per il maggiore tempo di percorrenza, sia per l’insaccamento delle auto nelle poche strade lasciate libere alla viabilità, sia infine per il frequente cambio di marcia che porta a un maggiore consumo a parità di percorso.
 
Si è messo ordine nella caotica mobilità milanese ? Forse, ma un saggista americano di metà anni 50 del secolo scorso scriveva di temere le scrivanie pulite, ordinate, perché li non c’è vita, non c’è lavoro, non c’è futuro.

Il tutto a maggiore gloria della cosiddetta Agenzia Milanese Mobilità e Ambiente, noto covo ideologicamente orientato a sinistra.

E possibile, per scongiurare la crisi annunciata per vendita e quindi produzione di auto, che il Governo tenta di bloccare con i cosiddetti bonus, realizzare un cambio di tendenza nella politica del traffico nel senso di una maggiore razionalizzazione e scorrevolezza dello stesso ? La nostra provenienza politica ( siamo nel centenario del Manifesto Futurista ) ci domanda se saremo capaci di dire e fare qualcosa di destra.

Qual’è il simbolo che presenteremo all’EXPO ? Quale innovazione? Quale urbanistica ? Il risultato ( non ottenuto ) di avere difeso le fasce deboli? Con quale costo ? Con quale beneficio ?
Oppure acconsentiamo al gran sogno di Croci, di passare alla storia per avere disinventato l’automobile ?

Amministratori dei nostri Enti Locali vi giudicheremo dalle vostre azioni ed omissioni.
E DICIAMO A CROCI, NO, NON PASSERA ALLA STORIA.

PUM

lunedì 26 ottobre 2009

Aperte le iscrizioni al Popolo della Libertà


Gli iscritti, a seguito dell’accoglimento della loro richiesta, partecipano liberamente a tutte la attività de Il Popolo della Libertà e si distinguono in “ASSOCIATI”, i quali esercitano il diritto di elettorato attivo e passivo e possono essere designati o nominati a cariche interne al Popolo della Libertà (art. 4 dello Statuto) e “ADERENTI” che esercitano solo il diritto di elettorato attivo (art. 2 dello Statuto).

Tutti coloro che hanno un incarico elettivo negli enti locali o un incarico politico interno a Il Popolo della Libertà a qualsiasi livello, devono iscriversi come associati. Non è quindi possibile per le suddette categorie iscriversi come semplici aderenti.

Coloro che si iscrivono come ADERENTI, non possono usufruire della "Formula Famiglia" con la riduzione del 50% per i familiari. Tale modalità è prevista solo per gli associati purché all'interno della famiglia non ci sia un eletto a qualsiasi livello.

In deroga a quanto previsto dagli artt. 2 e 4 dello Statuto, hanno automaticamente diritto ad associarsi per l’anno 2009/2010 a Il Popolo della Libertà gli iscritti a Forza Italia degli anni 2007 e 2008, e di Alleanza Nazionale dell’anno 2008, che ne facciano esplicita richiesta e versino la relativa quota associativa” (VIII norma transitoria dello Statuto)

Coloro i quali hanno effettuato l’iscrizione a Il Popolo della Libertà come “aderenti” possono in qualunque momento effettuare il passaggio ad iscritto “associato”, versando l’integrazione della quota associativa nelle stesse modalità di pagamento previste per l’iscrizione.Adesione on-line con pagamento diretto attraverso carta di credito. Direttamente dal sito de Il Popolo della Libertà, sarà possibile effettuare l'iscrizione e il pagamento on-line utilizzando la carta di credito.
Informazioni ed Adesioni al PDL di Milano:

PDL: il ruolo dei tre coordinatori nazionali.


COORDINAMENTO PDL: I compiti dei tre coordinatori nazionali
22 ottobre 2009 ore 14:52

I tre Coordinatori nazionali del Popolo della Libertà, Sandro Bondi, Ignazio La Russa e Denis Verdini, con l’avvio della campagna di tesseramento che apre una nuova fase della vita del PDL dopo che sono stati positivamente insediati i coordinamenti regionali e provinciali, per rendere più snella ed efficiente la macchina del partito hanno deciso di ripartire i compiti del Coordinamento nazionale previsti dallo statuto. Il senatore Bondi seguirà la formazione ed il coordinamento delle consulte, l’onorevole La Russa si occuperà della comunicazione, propaganda ed enti locali, mentre l’onorevole Verdini si dedicherà all’organizzazione e al settore elettorale. Naturalmente, si tratta di una tripartizione operativa, restando inalterato il ruolo di decisione collegiale su tutte le materie in capo ai tre coordinatori.

ALBERTINI attacca la MORATTI: LUPI sarebbe un buon Sindaco di Milano...


Articolo de IL GIORNALE del 23 ottobre 2009


Nessuno ne vuol parlare, ma nel centrodestra sembrano essere cominciate le «primarie». Non si candida a sindaco (almeno a parole) Gabriele Albertini. Non vuole «azzannare la Moratti», ma assicura di non sentirsela proprio «di fare il boia e l’impiccato». Alle spalle, al ristorante Giannino, le foto di un Silvio Berlusconi in versione presidente del Milan che alza le coppe. Sul tavolo, un dossier con cui ribattere punto per punto, con la sua solita meticolosità meneghina, alle accuse di Letizia Moratti che per i cantieri dei posteggi sotterranei di Daresena, Sant’Ambrogio, piazza XXV Aprile e piazza Meda, mercoledì in consiglio comunale aveva detto di aver finalmente «chiuso proprio in questi giorni alcune ferite aperte in città». Non l’azzannerà («non sino mica uno stupido»), ma è uno sgarro che Albertini non ha nessuna intenzione di perdonarle. «Io - spiega - sono stato il responsabile del piano parcheggi. Ma non di ritardi, ripensamenti, revisioni, cantieri aperti e non chiusi».La replica della Moratti è secca e tagliente. «Amo questa città e non voglio entrare in nessun tipo di polemica: il mio lavoro per la città è positivo e costruttivo - ha spiegato durante la visita all’Arengario dove nascerà il museo del Novecento - E questa giunta sta dimostrando di lavorare in modo concreto e intenso». Un botta e risposta che apre una lunghissima campagna elettorale, come testimonia la corsa nel pomeriggio a Palazzo Marino del colonnelli del Pdl Maurizio Lupi e Ignazio La Russa. «Ho già un lavoro al parlamento europeo - assicura Albertini - Sono il presidente della commissione Esteri. La più importante. Studio fascicoli delicatissimi, incontro capi di Stato. Voglio chiarire solo per amore della verità». Ma se gli si chiede chi veda bene a Palazzo Marino, si guarda bene dal fare il nome della Moratti. Nonostante allora fosse stato proprio lui a indicarla per primo insieme a Paolo Del Debbio (altro nome in corsa che presto potrebbe scendere in campo). «Maurizio Lupi - sorride oggi Albertini - sarebbe un bravo sindaco. È nato a Baggio, è intelligente, è stato un ottimo assessore. E, come molti di quella squadra, ha poi fatto carriera. Poi è giovane. E ha un buon rapporto con la cittadinanza». Tutte caratteristiche che, a leggere bene, possono essere perfidamente lette come una bocciatura della lady di ferro. «Non voglio - arretra Albertini - essere quello che dà la scossa alla barca su cui naviga insieme agli altri». Scrupoli che non sono in molti a farsi. Le troppe assenze nei banchi del centrodestra alla seduta del consiglio comunale dove lady Letizia doveva fare il suo discorso alla città? «Lascia perplessi che in un momento così importante il numero legale sia stato garantito dall’opposizione di centrosinistra».Il piano parcheggi, dunque. Da difendere anche perché «l’ho organizzato io da dittatore». Albertini, infatti, era commissario straordinario del governo a Traffico, trasporti e mobilità. Un modo per accelerare tempi e procedure burocratiche in deroga a leggi dello Stato e amministrative per decidere su oltre 3 miliardi di investimenti in opere pubbliche. Un appoggio gli arriva anche dal centrosinistra. «Non ho mai condiviso la politica sui parcheggi di Gabriele Albertini - spiega il capogruppo del Pd in Comune Pierfrancesco Majorino -, ma a lui va riconosciuta una cosa: è stato un sindaco coerente e cocciuto che le sue battaglie le ha portate avanti a viso aperto. Oggi con Letizia Moratti siamo di fronte ad una situazione ben diversa. Il primo cittadino è ambiguo, pensa al suo salotto e non sceglie in modo trasparente». Albertini, invece, oggi racconta di aver incontrato la Moratti durante la campagna elettorale insieme a Paolo Glisenti, allora il suo più fidato consigliere. «Lei mi prende le mani e mi dice: “devi bloccare il piano parcheggi”. E così da gentiluomo, pur non essendo d’accordo, ho bloccato tutto». Pentito? «Col senno di poi sì. Se fossi andato avanti, oggi Sant’Ambrogio e Darsena sarebbero già stati completati». La colpa della Moratti? «Non colpa, che è un giudizio morale, ma responsabilità. Aver ascoltato i pochi del dissenso organizzato, i comitati di quartiere contrari e non i sessantamila residenti che volevano un box». Ora Sant’Ambrogio partirà con anni di ritardo e l’altro non si farà. «E il recupero della Darsena non sarà pagato dai privati, ma dovrà essere finanziato con le esangui finanze del Comune».

venerdì 23 ottobre 2009

La rivoluzione nazionalpopolare di Silvio Berlusconi

Berlusconi: "Serve una vera Rivoluzione"

Da Sofia il premier rinnova i suoi attacchi alla magistratura politicizzata e annuncia che metterà mano alla Costituzione, con o senza l'opposizione. Poi si "scusa" con la Bindi: "Mi dispiace, ma la battuta è di largo consumo"

Riformerà la giustiza, anche se ci dovesse volere tempo. In visita ufficiale a Sofia, il premier Berlusconi ha espresso l'intenzione di mettere mano alla Costituzione in tema di giudici e ha detto che non lo spaventano né i tempi - "Non è che le rivoluzioni si possono fare in breve tempo" - né le reazioni dei suoi alleati: "Siete voi che vedete discordie"."C'è una riforma del processo penale che è già in Senato - ha dichiarato il Cavaliere - e che a me non sembra sufficiente. Quindi credo che su questo punto valga la pena di rivisitare la Costituzione. Se avremo i numeri per farlo in Parlamento, lo faremo in Parlamento e sarà più veloce. Se non avremo i numeri in Parlamento, la faremo con un ricorso agli elettori nella maniera più democratica e tranquilla possibile".Che la riforma delle giustizia, ma non solo quella ("C'è un Paese da modernizzare in molte direzioni"), sia indispensabile, Berlusconi lo dice ribadendo i suoi attacchi alla Consulta: "Ora io sarò attaccato e diranno che non è vero, ma basta con questa ipocrisia. La Corte Costituzionale, subendo la pressione di certa parte della magistratura, ha abrogato quella norma (il Lodo Alfano, ndr) varata dal Parlamento. Oggi, se pensate bene, ciò che sta succedendo è che una parte della magistratura molto politicizzata interviene con l'utilizzo della giustizia a fini di lotta politica e poi, su su, fino all'ultimo organismo che è la Corte Costituzionale".

Notizie Ansa

Berlusconi: posto fisso e' valore

Cosi' come partite Iva, polemica della sinistra e' in malafede (ANSA) - ROMA, 20 OTT - 'Confermo la mia completa sintonia con Tremonti. Per noi il posto fisso e' un valore e non un disvalore'. Lo afferma il premier Berlusconi. E un valore sono anche le cosiddette partite Iva, prosegue Berlusconi, per il quale ''la polemica sulle dichiarazioni di Tremonti e sul posto fisso e' l'ennesima conferma della malafede degli esponenti della sinistra''.'Il governo -aggiunge- e' a fianco degli italiani che lavorano come collaboratori dipendenti e di quelli che 'intraprendono e rischiano''. 20 Ott 18:06

IMPRESE - Berlusconi: taglio Irap, meno tasse e più basse Le nuove proposte del premier per le imprese lette all'Assemblea Cna

Taglio graduale dell'Irap, l'imposta che grava sulle imprese, sugli artigiani e sui professionisti, fino ad arrivare alla sua completa soppressione e riduzione della pressione fiscale: l’operazione potrebbe avvenire, secondo quanto annunciato dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, “anche mediante l’elevazione della franchigia in favore delle aziende più piccole, e l’estensione della Tremonti-ter". E, soprattutto un sostegno stabile alle piccole imprese che investono nell’innovazione e nella ricerca. Nel presentare la nuova iniziativa all’assemblea della Cna, la confederazione nazionale dell'artigianato, ha spiegato nel messaggio letto dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Gianni Letta, che l'esecutivo sta studiando “altri interventi per ridurre la pressione fiscale, aumentare i consumi e agevolare gli investimenti”. Inoltre, il premier ha sottolineato che “Il Governo per fronteggiare la crisi, anche grazie ai vostri suggerimenti, ha messo in campo le misure più idonee ed efficaci per contrastare l'emergenza e avviare le riforme strutturali necessarie per tutelare e rafforzare il sistema produttivo, a cominciare dalle imprese più piccole”. Introduzione dell'Iva per cassa, detassazione degli utili reinvestiti, accelerazione dei rimborsi da parte della Pubblica amministrazione, estensione degli ammortizzatori sociali anche all'artigianato, rifinanziamento del fondo di garanzia: queste sono state alcune delle cose fatte dal Governo, per esempio, tra quelle sollecitate dai cittadini, misure, secondo il presidente del Consiglio, “indispensabili per reggere l'urto di una crisi mondiale e difendere la competitività sui mercati”.

La pace può… Silvio Nobel
http://www.youtube.com/watch?v=Lfd2sF_VsNc&feature=player_embedded#

http://silvioperilnobel.sitonline.it

Menomale che Silvio c’è
http://www.youtube.com/watch?v=WXf-YbsSh0Y

Silvio forever
http://www.youtube.com/watch?v=m6P7OuUJaKA

Partita doppia

Il sogno di rovesciare Berlusconi in 3 fasi è caduto come le foglie in ottobre

Francesco Forte
13 Ottobre 2009

L’economia italiana sta uscendo dalla crisi probabilmente molto meglio di altre economie europee ed occidentali e sicuramente meglio e prima di quanto avessero previsto l’opposizione e una parte rilevante dei giornali internazionali e degli uffici di previsione statistica. Mentre ciò accade e sarebbe necessario che si attuasse uno sforzo generale per sorreggere la ripresa, interviene una ondata di attacchi sistematici al presidente del consiglio. Prima riguardanti la sua vita privata, poi le sue precedenti attività come imprenditore ed ora la sua stessa posizione di premier, allo scopo di distruggerne la figura morale, le proprietà economiche, la figura politica e i diritti di uomo pubblico. Questa azione sistematica di delegittimazione aveva lo scopo di ottenerne le dimissioni per sostituire il suo governo con un governo tecnico. Ed interrompere poi la legislatura in modo da preparare la vittoria a un nuovo centro. Non è fantascienza: il più autorevole giornale inglese, il Times , ha chiesto le dimissioni di Berlusconi dopo la bocciatura del lodo Alfano da parte della Corte Costituzionale. Massimo D’Alema aveva previsto la fase 1, quella delle escort pugliesi, Carlo De Benedetti aveva innescato la fase 2, quella del Tribunale civile di Milano, che ha condannato la Fininvest a una cifra enorme di risarcimento per il lodo Mondatori, con un calcolo palesemente sbagliato, di cui gran parte della stampa di opinione non ha rilevato i banali errori matematici. Il Tribunale di Milano aveva da tempo preparato la bomba od orologeria della fase 3 col ricorso di incostituzionalità contro il Lodo Alfano per il processo Mills. Bomba che poteva non funzionare, ma ha funzionato, al tempo giusto. Il Times ha dato una valenza politica ed economica dirompente a questa sentenza in conformità a ciò che era nei voti di una parte rilevante della sinistra italiana e di operatori economici che la sostengono, chiedendo che il premier si dimettesse. Ma ciò non è accaduto e non accadrà perché l’effetto politico del Lodo Alfano della precedente sentenza civile su Fininvest nell’opinione dell’elettorato è stato l’opposto. E perché gran parte degli operatori economici e bancari ritengono necessaria la continuità di governo. Per il mondo industrial lo ha esposto in modo chiaro la presidente della Confindustria Emma Marcegaglia. E, nel loro modo cauto, lo hanno fatto capire anche importanti esponenti del mondo bancario. E del resto una parte dei grandi gruppi di potere economico e finanziario aveva fiancheggiato questa manovra anti berlusconiana allo scopo di ricavarne comunque un frutto. O quello di prenotare una voce in capitolo per la formazione del governo di transizione e di farsi meriti per il muovo centro. O quello di vedere indebolito il premier attuale. Fare in modo che i leader politici non diventino troppo potenti è una antica strategia italiana: “Divide et impéra”. Così il sogno di mezza estate di rovesciare Berlusconi mediante l’operazione in tre fasi si è infranto nella prima decade di ottobre, quando le foglie cominciano a cadere. Ma la sentenza della Corte costituzionale ha comunque danneggiato la nostra economia presso gli operatori internazionali interessati ad investimenti e contratti con soggetti privati e pubblici italiani. Infatti questa sentenza ha rovesciato il principio della precedente sentenza su lodo Schifani per cui l’immunità penale temporanea delle alte cariche costituzionali non era in sé in contrasto con le regole della costituzione. Principio accolto dal presidente della repubblica Napolitano che aveva firmato la legge che conteneva il lodo Alfano. Il canone della continuità della giurisprudenza della Corte costituzionale è importante ai fini della certezza del diritto nelle sue regole fondamentali. Infrangendolo, questa Corte ha accresciuto la sensazione di instabilità e imprevedibilità del sistema giuridico italiano che pervade il giudizio internazionale corrente e che aggrava la valutazione del rischio di fare investimenti e affari in Italia. Si afferma che essendo i membri della Corte costituzionale attuale in gran parte differenti da quelli della Corte precedente non bisogna stupirsi se essa ha ribaltato la sua giurisprudenza. Tuttavia il principio di continuità della giurisprudenza di una Corte sarebbe misera cosa se fosse riferito puramente agli stessi giudici in carne ed ossa. Esso è riferito al giudice di una data Corte come figura che vale indipendentemente dagli individui che la compongono. D’altra parte non è neppure accettabile la debole tesi per cui la precedente Corte, giudicando del Lodo Schifani, non ha considerato la questione della incostituzionalità in quanto le bastava, per il sui rigetto, l’averne rilevato dei difetti di merito nella applicazione dei validi principi costituzionali. La Corte suprema in un ordinamento basato sulla continuità e certezza del diritto, opera ai fini della corretta legislazione costituzionale mediante la abrogazione delle norme che, a suo avviso, non aderiscono alla costituzione. E quando perciò esprime un giudizio negativo, esercita anche un magistero costruttivo ponendo in rilievo ciò che va modificato, se si vuole che la legislazione futura sia conforme ai dettami costituzionali, così come emergono nella sua interpretazione. I casi dunque, sono due. O la Corte precedente ha scientemente occultato ovvero indicato in modo assai ambiguo e quasi enigmatico la esistenza di un principio generale di incostituzionalità di qualsiasi legge che sospenda i giudizi penali a carico delle alte cariche dello stato e si è solo soffermata su difetti applicativi di tale principio. Oppure non ha ritenuto in sé incostituzionale tale principio. Nel primo caso essa ha generato una assurda incertezza del diritto, quasi una beffa, perché solo dopo fatte le modifiche che si desumevano dalla sua sentenza è emerso che c’era una questione pregiudiziale di “principiis obstat ” di cui essa non aveva avvertito in modo esplicito. Una preclusione occulta che rendeva inutile qualsiasi modifica. Può un operatore internazionale ritenere affidabile il diritto di uno stato in cui la Corte suprema fa circa la validità delle leggi di questo “gioco del gatto col topo”col governo in carica e con la sua maggioranza parlamentare? Se lo fa la Suprema Corte non lo faranno anche le corti ordinarie e le autorità amministrative con i comuni cittadini? Ma è molto più plausibile la seconda interpretazione. La Corte ha cambiato parere perché sono cambiati i giudici. Ed essi non si sono preoccupati della discontinuità giurisprudenziale non solo o non tanto perché appartenenti alla sinistra politica o per essa simpatizzanti. Ma perché imbevuti di relativismo. Lo è la sinistra giuridica con la sua concezione di diritto evolutivo, ad hoc . Lo è una vasta cultura intellettuale dominante in Italia fra spiriti che si ritengono iberali, perché liberi da ogni credo di base, salvo quello nella loro ragione ragionante, in un momento dato. Il relativismo storicista e il relativismo intellettualista sono due estremi che si toccano. E così non importa a questi giudici che cosa hanno ritenuto i precedenti giudici. Non gli importa se nel testo originario della Costituzione vi era l’immunità dei parlamentari in carica che indica che il principio di eguaglianza non valeva per i padri costituenti nei confronti del potere legislativo e di chi, dotato di mandato parlamentare, esercitasse il potere esecutivo di governo e quello di iniziativa legislativa e conduzione del bilancio. Non importa a questi giudici che l’intero impianto costituzionale ricerca l’equilibrio fra poteri, per evitarne la reciproca sopraffazione. Non gli importa che la legge elettorale abbia stabilito che i cittadini votano il premier oltre che i parlamentari e che in tal modo essa ponga, nel sistema legislativo ordinario, una diversa posizione del premier, come espressione della volontà popolare rispetto agli altri parlamentari e membri di governo. Loro, questi giudici, “pensano che sia giusto ” che il presidente del consiglio sia processabile penalmente e interpretano ad hoc formalisticamente l’articolo 3 della costituzione che stabilisce che tutti i cittadini sono eguali davnti alla legge. Eppure la carta costituzionale è piena di eccezioni a tale eguaglianza formalistica generalizzata.
L’elettorato attivo compete solo a chi ha almeno 18 anni di età. E ciò in dipendenza delle leggi ordinarie sulla maggiore età. L’elettorato passivo tocca solo a chi ha almeno 25 anni di età per la Camera e 40 per il Senato. I residenti della Valle d’Aosta, della Sardegna, del Trentino Alto Adige, del Friuli Venezia Giulia e della Sicilia hanno regimi tributari e finanziari diversi da quelli delle Regioni a statuto ordinario. E tali regimi sono diversi far di loro. Dunque l’articolo 3 va interpretato nel senso che l’eguaglianza vale a parità di condizioni, ricavate dal sistema costituzionale e da quello legislativo ordinario. Lo scrive la stessa corte nella sentenza sul lodo Schifani affermando che la constatazione di una differenziazione non conduce di per sé alla affermazione del contrasto con la norma con l’articolo 3 della costituzione. Il principio di eguaglianza comporta infatti che se situazioni eguali esigono eguale disciplina, situazioni diverse possono implicare differenti normative. Essa aggiunge che in tale ipotesi, tuttavia, ha decisivo rilievo il livello che l’ordinamento attribuisce ai valori rispetto ai quali la connotazione di diversità può venire in considerazione. Nel caso in esame sono fondamentali i valori rispetto ai quali il legislatore ha ritenuto prevalente l’esigenza di protezione della serenità dello svolgimento delle attività connesse alle cariche in questione. La Corte aveva ritenuto che il lodo Schifani a tal fine incidesse sulla obbligatorietà dell’azione penale di cui all’articolo 112 in modo eccessivo, non che non potesse effettuarsi una sospensiva di tale azione, pur mantenendone l’obbligo. Sarebbe interessante capire quale è la nuova posizione della nuova corte. La serenità dello svolgimento delle alte cariche ritenuta rilevante dalla precedente sentenza non conta più nulla? Nel mondo relativista i principi generali stabiliti dalle precedenti sentenze si mandano in soffitta perché si è cambiato parere?

Feltri: Vogliono uccidere Berlusconi

Bisogna vedere se oltre alla bravata di Matteo Mezzadri non vi siano altri indizi di una metamorfosi che potrebbe spingere il dibattito politico a preferire le pistolettate alle pistolaggini. La sensazione è che siamo a buon punto, benché Mezzadri si sia scusato con amici, avversari e perfino Berlusconi, e si sia dimesso dalle cariche del Pd”. Sotto il titolo di apertura del Giornale “Voglio uccidere Berlusconi” il direttore Vittorio Feltri interviene nella vicenda della frase contro Berlusconi scritta su Facebook da un giovane dirigente del Pd di Modena. Feltri rievoca i fantasmi del terrorismo amato e stigmatizza gli articoli di Toni Negri su ItalianiEuropei e di Luigi De Magistris sull’Unità inneggianti al cambiamento politico. “Un richiamo al principio che se non serve il Parlamento si va in piazza - scrive Feltri -. Se poi c’è da menare si mena e così sia”. Il direttore cita anche la risposta data dal ministro per i Rapporti col Parlamento, Elio Vito, ad un interrogazione di Emanuele Fiano nel quale si informa che il dipartimento delle informazioni per la sicurezza rende noto che il premier è stato informato della possibilità che possa essere oggetto di contestazione in occasione di eventi pubblici, non escludendo anche gesti violenti di mitomani.
Da qui la conclusione di Feltri: “Occhio Berlusconi perché, dopo le campagne di stampa ispirate a scarsa simpatia nei suoi confronti, c’è il rischio che qualcuno cerchi di spararle in faccia, spianando la strada al governo tecnico che l’opposizione e dintorni, finché lei sta lì a scassare le uova, non ce la farà mai a donare all’Italia oppressa. Sappia infine, signor premier, che se il progetto di eliminarla, per ora vagheggiato, venisse realizzato non sarebbe opera di un mitomane isolato, ma di un mitomane con parecchi tifosi mica tanto criptici”.

martedì 20 ottobre 2009

2 Minuti di Italia, di Enrico Verga


Capita che si viaggi all’estero di tanto in tanto.
Capita che si incontrino altri occidentali e si faccian due chiacchere.
Capita che l’interlocutore, fiero cittadino di un democratico stato occidentale, una volta saputo che siamo italiani abbozzi un sorriso di convenienza, poi rifletta per qualche secondo e con un entusiasmo quasi canzonatorio, neanche stesse declamando la divina commedia, erutti in un classico " Bella Italia, mafia, ferrari, pizza".
Al che, come cittadini italiani, restiamo spesso perplessi, abbozziamo un sorriso di circostanza, scrolliamo le spalle e continuiamo a parlare d’altro.
Capita a volte di lavorare per una compagnia straniera, e, durante una cena di lavoro, sentirsi chiedere dal proprio manager " Scusa come sta la mafia?" neanche fosse un amico di vecchia data che non si sente da un po’, ma di cui, in quanto italiano, si dovrebbe sapere tutto.
Ma perche’ capita?
Ci sono nazioni del mondo che darebbero parte del loro Pil per avere un decimo della nostra storia; si aggrappano ai pochi scampoli di storia certificabile che posseggono al punto di etichettare ogni edificio, albero secolare, persino qualche roccia, con il nome di un padre fondatore che li si fermo’ per qualche attimo, stanco e meditabondo, prima di compiere qualche impresa di cosi’ grande rilevanza da guadagnare un degno posto nella storia.
L’Italia ha storia da esportare. Se si dovesse porre una targhetta su ogni luogo di interesse storico non ci sarebbe piu’ posto per gli italiani.
L’Italia diede i natali ad alcune delle menti piu’ illustri del genere umano. Leonardo non era certo germanico, Fermi non era francese.
Il mondo ci invidia le nostre bellezze paesaggistiche, la cucina, lo stile di vita sempre ottimista anche quando ci cade il cielo in testa, forse il mondo dovrebbe anche conoscere quello che l’Italia non dice.
Quanti giovani nel mondo sanno che le ricerche e gli sviluppi che portarono al formato comunemente noto come mp3 devono la loro origine ad un italiano.
Spesso si sente dire che l’Italia esporta cervelli; ne parlano giornali ne discutono giornalisti, ma i cervelli intanto scappano.
Che cosa manca ad un popolo sopravvissuto a guerre, pestilenze, invasioni da oltre 2000 anni, per poter marcare il passo fiero e orgoglioso della propria storia.
Forse è un problema di comunicazione.
Nessuno parla degli immigrati provenienti dai paesi in via di sviluppo che, nel tempo, han trovato riparo, una casa, un lavoro in Italia. Tutti i media occidentali parlano delle leggi repressive. Tuttavia quando accogliamo gli immigrati siamo subito tacciati di essere il ventre molle d’Europa.
Gli italiani riescono ad essere individualisti all’estremo, dimentichi di vivere in una nazione dalle potenzialità straordinarie. Criticare l’Italia è spesso un gioco nazionale che tutti perseguono con caparbia determinazione.
Forse le cose dovrebbero cambiare.
Quando qualcuno ci riconosce come italiani, nemmeno fosse il marchio della bestia, perche’ non soffermarci 2 minuti a spiegare che l’Italia non si riassume in tre parole.
2 Minuti, non sono tanti, ma se ogni italiano in qualunque parte del mondo li dedicasse a promuovere la nostra nazione, forse le cose cambierebbero.
EV

mercoledì 14 ottobre 2009

Associazione Europea Scuola e Professionalità Insegnante


Milano, 14 ottobre 2009


ASSOCIAZIONE EUROPEA SCUOLA E PROFESSIONALITA' INSEGNANTE


AGLI ISCRITTI - Anno scolastico 2009/2010
ATTIVITA’ AESPI – Comunicazione Regionale ai soci della Lombardia n.1

A tutti rivolgo i migliori auguri per quest’anno scolastico 2009/2010! Esso si presenta particolarmente impegnativo per l’acceso dibattito e i diversi problemi che riguardano la scuola italiana. L’AESPI però è in grado di affrontare queste difficoltà nel migliore dei modi: infatti, per quest’anno, per la prima volta nella sua storia, è stato assegnato alla nostra associazione del personale distaccato e lavorano per noi ben quattro docenti, dei quali tre (Prof. Giancarlo Loforti, Prof.ssa Marinella Piccione e Prof. Umberto Lago Suardi) in Lombardia.


Siamo giustamente orgogliosi di questo riconoscimento e ci impegneremo per sfruttare al massimo questa possibilità, da cui deriverà sicuramente un eccezionale incremento di attività, che richiederà anche la collaborazione di tutti voi. Grazie alla disponibilità dei colleghi distaccati, la sede di Corso Buenos Aires, 2 a Milano potrà essere aperta con regolarità, a disposizione degli iscritti e del più vasto pubblico: per ora si garantisce la presenza nei pomeriggi di mercoledì e giovedì, dalle 14.30 alle 17.30; in seguito verranno resi noti orari più completi.


Per affrontare assieme la nuova situazione e discutere sulle prospettive che può offrire, abbiamo deciso di ritrovarci venerdì 6 novembre alle ore 19 presso il Circolo Ricreativo dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci, in Via Cadamosto, 2a:

dopo una breve conversazione introduttiva, alle ore 20.15 verrà servita la cena, che non vuol essere soltanto un piacevole momento conviviale, bensì soprattutto un incontro di lavoro. Tutti siete vivamente invitati a partecipare. Il prezzo è di € 25,00 a testa. In tale occasione concorderemo un calendario di massima per le consuete riunioni associative. Naturalmente è necessario prenotare, entro martedì 3 novembre, telefonando in sede (Tel. 0289451825 nei giorni di martedì, mercoledì e giovedì), oppure a Lucia Parisi (Tel.: 3478585940). Spero proprio che possiate intervenire tutti, anche con colleghi, che così potrebbero iscriversi alla nostra associazione.


Segnalo alcune iniziative importanti che si svolgeranno prossimamente nella nostra regione:


L’associazione amica CNADSI, con la quale condividiamo tanti principi e con la quale abbiamo in corso un protocollo d’intesa, ha indetto per venerdì 23 ottobre a Milano il 66° Convegno Nazionale, dedicato al tema Ricostruire un edificio distrutto(scuola) a partire dal primo piano. La sede è la Sala Affreschi del Palazzo della Provincia di Milano (Via Vivaio, 1). I lavori avranno inizio alle ore 9.30 e proseguiranno, con una pausa per il pranzo, fino alle ore 17.00 circa. Il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, con prot. n. AOODGPER14687 del 1/10/2009 (da citare nella richiesta al Dirigente Scolastico) ha concesso l'esonero dal servizio alle consuete condizioni ai docenti e Dirigenti Scolastici che parteciperanno al Convegno. Tutti sono invitati.


L’AESPI, in collaborazione con l’Ente Nazionale per la Protezione e l’Assistenza ai Sordi (ENS) organizza per la mattina del prossimo 23 novembre 2009 dalle ore 9.30 alle 13.00 presso lo Spazio Oberdan a Milano (Viale Vittorio Veneto, 2, angolo Piazza Oberdan) un Corso/Convegno sul tema Progetto VIVILIS, una vera integrazione per gli audiolesi: una proposta.


Con la più viva cordialità, nella speranza di incontrarvi!

Il Presidente
Prof. Angelo Ruggiero

martedì 13 ottobre 2009

La cultura non è solo di sinistra. Ma la destra non vuole capirlo.


IL GIORNALE
martedì 13 ottobre 2009

La cultura non è solo di sinistra. Ma la destra non vuole capirlo.
di
Gianfranco de Turris

Il ministro Bondi, in vari suoi interventi sulla stampa, ha sempre sottolineato di avere una concezione «liberale» della cultura, di non aspirare a nessuna «egemonia», come era stato per il Pci e la Sinistra in genere nei decenni passati, di non voler fare alcuna «epurazione». Però è anche costretto ad ammettere che oggi, pur essendo la «cultura di sinistra» in profonda crisi, essa è rimasta una «tecnica di gestione del potere» (Corriere della Sera, 16 settembre). In altri termini, le sue idee sono sempre più confuse e superate, ma la Sinistra ha i suoi uomini ancora insediati nei posti decisionali e negli snodi più importanti della «gestione del potere» culturale. Non è difficile capirlo dopo mezzo secolo di occupazione e di stratificazione anche semplicemente burocratica, ma sta di fatto che in ministeri e assessorati, editori e riviste, giornali e case cinematografiche, televisioni e università, gli uomini della sinistra, siano essi intellettuali o semplicemente personaggi d’apparato, stanno ancora lì inamovibili a decidere, giudicare, escludere, sanzionare, filtrare, bloccare, così indirizzando la cultura italiana in una certa direzione e sbarrando il passo a chi la pensa diversamente, condizionando alla fine una certa parte dell’opinione pubblica.


Con tutto il rispetto per il ministro Bondi e la sua visione liberale, occorrerebbe fare come invece dice Marcello Veneziani: «Tentare una strategia di conquista civile e culturale delle posizioni chiave, o quantomeno una presenza bilanciata, che apra alle culture plurali del Paese» (Il Giornale, 21 settembre). E una simile operazione potrebbe partire, aggiungo, dalla periferia per raggiungere man mano il centro: da paesi, cittadine e città dove, sempre di più, gli assessorati alla cultura e simili passano nelle mani dei rappresentanti del centrodestra. Non sarebbe un’operazione difficile se non imperversasse quella che è stata chiamata «la sindrome culturale di Stoccolma». Come i sequestrati di Stoccolma alla fine cedettero psicologicamente e passarono dalla parte dei rapitori sino al punto di innamorarsene, così, a quanto pare, sta accadendo ai «gestori della cultura» di centrodestra che hanno raggiunto posizioni di responsabilità nei confronti della cultura dei loro «avversari».È quanto mi è capitato di constatare di recente andando in giro per varie conferenze. Non potevo credere a quanto mi veniva raccontato: e cioè di assessori soprattutto ex An paralizzati e resi impotenti dalla paura di prendere decisioni, per le quali si correva il rischio di venir accusati di essere di destra o ancor peggio fascisti da parte delle opposizioni comunali ovviamente di sinistra. Non si può organizzare una conferenza con quel personaggio o per quel libro; non si può proiettare quel film; non si può organizzare quella mostra; non si può ricordare quell’anniversario; non si può finanziare quella biblioteca o restaurare quella collezione di giornali; non si può mettere quella targa o renderla leggibile; non si può organizzare un concerto di quel gruppo musicale... Non si può proprio, scusate: altrimenti cosa dirà l’opposizione? Cosa scriveranno le pagine locali della «grande stampa»? Che accuse ci lanceranno le sinistre? E se magari si mobilitassero i centri sociali? Sono sequestrati dai progressisti e succubi, e ormai quasi innamorati, dalla loro cultura.

La lezione di coraggio e anticonformismo dello sfortunato Marzio Tremaglia, assessore alla cultura della Regione Lombardia scomparso nel 2000, l’hanno appresa purtroppo in pochissimi: non possiamo non citare Massimo Greco a Trieste e Carlo Sburlati ad Acqui Terme, che vanno avanti con iniziative non certo di parte ma di certo politicamente scorrette e di certo indirizzate a mettere in evidenza quella «presenza bilanciata che apra alle culture plurali del Paese» di cui parlava Veneziani. È così che si fa, non ci si nasconde dietro un dito, che nel nostro caso è quel famigerato trinomio «laico democratico antifascista» che all’epoca del demitiano «arco costituzionale» mise fuori gioco il Msi, ma che oggi è tanto di moda nella corrente aennina del Pdl.
C’è da chiedersi, dunque, il perché di questa sindrome che condiziona molti assessori alla cultura del centrodestra, che fa loro accettare la cultura degli avversari ed abbracciare tutti i luoghi comuni e le parole d’ordine della Sinistra. Da cosa nasce questa incultura generalizzata, questo vero e proprio rinnegamento di una «visione del mondo», se non un taglio alle radici di appartenenza?Considerando i fatti che ho conosciuto penso che la risposta sia sociologico-politica e si riferisca alla involuzione del Msi-An: gli assessori alla cultura locali sono ormai quasi tutti dei giovani fra i 30 e i 40 anni che quindi sono cresciuti fisicamente e si sono svezzati culturalmente dopo il passaggio delle acque a Fiuggi, or sono quindici anni. Il clima unanimistico (nei fatti, anche se non in teoria) creatosi intorno all’allora segretario del partito, le sue svolte o «strappi» imposti dall’alto, le sue oscillanti e nebulose posizioni culturali, hanno creato a poco a poco una specie di «pensiero unico» che ha condizionato quelli che nel 1995 avevo 20-30 anni. Sicché, una volta approdati sugli scranni di assessore alla cultura di centinaia di città e cittadine italiane (per non parlare delle regioni) non hanno fatto altro che muoversi secondo la forma mentis cui erano stati abituati, tanto più che per raggiungere quel posto devono essere in genere (le poche eccezioni confermano la regola) uomini di apparato.

Il secondo punto è questo: se per caso l’assessore in questione fosse uno spirito indipendente e pensasse di operare in modo politicamente scorretto rispetto alle direttive del centro o dei vertici locali, c’è sempre il ricatto delle liste. Le liste per le elezioni amministrative le compila il coordinatore locale nominato da Roma, e se non ti adegui e vuoi fare culturalmente di testa tua ricevendo per di più le accuse di «fascista», e magari anche di «anticomunista», ledendo la nuova immagine del centrodestra in generale e degli ex An in particolare, sei messo fuori gioco. Soltanto chi è un esterno all’apparato e non fa il politico di professione perché ha già un proprio lavoro, può magari fregarsene di rientrare in lista. Ma ci vuole disinteresse e coraggio intellettuale.
Nel loro libro La destra nuova (Marsilio), due teorici finiani, Alessandro Campi e Angelo Mellone, nel delinearne il profilo fanno un elenco di tutto e del contrario di tutto, e a un certo punto scrivono - ed è questo che qui a noi interessa - che essa è «rispettosa delle proprie radici culturali, ma aperta alle sfide del futuro» (nelle tesi culturali di Fiuggi in sostanza era lo stesso, facendosi un ampio elenco di personalità di varia estrazione che però è stato poi dimenticato). Se fosse così non potremmo che sottoscrivere questa frase: ma così assolutamente non è, dati alla mano. La «destra nuova» non sembra avere più alcun aggancio col proprio passato culturale, che ha rinnegato quasi in blocco e di cui, ecco il punto cruciale, ha il terrore di affrontare o di occuparsene in qualche modo anche indiretto, perché teme di essere accusata di «fascismo».
Se dunque i rappresentanti ufficiali della cultura del centrodestra si comportano né più né meno come quelli di centrosinistra che li hanno preceduti sugli stessi scranni, ditemi voi l’elettore che differenza potrà mai fare su questo piano tra il prima e il dopo... E perché mai gli assessori di centrodestra a questo punto dovrebbero far riferimento ad altro se non a quello cui faceva riferimento il precedente centrosinistra? Ed è infatti quanto sta accadendo, non essendoci più soluzione di continuità, culturalmente parlando, fra certa sinistra e certa destra, mentre della famosa «discontinuità» non se ne vede l’ombra ed a gestire il potere culturale dietro le quinte, al di là della facciata destrorsa, c’è ancora e chissà sino a quando sempre lo stesso apparato burocratico e ideologico messo in piedi dalla famosa «egemonia» progressista. Che, però, come dice la «destra nuova» non è mai esistita ed è solo l’alibi dietro cui si nascondono certi «intellettuali lamentosi»... Vabbè, diciamo per farla contenta che non c’è stata, ma ora la sindrome culturale di Stoccolma del centrodestra fa ottenere alla Sinistra gli stessi, identici risultati!

lunedì 12 ottobre 2009

DESTRAFUTURO con il Presidente BERLUSCONI

"Sputtanano non solo me, ma il Paese"

Non finirà come nel ’94: dietro la determinazione con cui il premier Silvio Berlusconi, da Benevento, ha rilanciato oggi la necessità di andare avanti con le riforme c’è la convinzione che nessuno e per nessuna via potrà azzoppare il governo. Da qualche giorno, dopo lo scontro sul Lodo Alfano, il Cavaliere ha ripensato a quella stagione, al primo governo Berlusconi caduto sotto il peso di un avviso di garanzia «a mezzo stampa» e s’è detto che no, stavolta non andrà così. Riforme, dunque, sulla giustizia ma non solo. Il consenso del popolo, «l’amore del 68% degli italiani per il presidente del Consiglio» è secondo Berlusconi la differenza rispetto a quindici anni fa quando «l’intervento della magistratura fece fuori tutti i partiti e tutti i protagonisti furono costretti a lasciare la politica e qualcuno anche l’Italia».

Il premier si sente oggi accerchiato dalla cattiva stampa e dalla cattiva magistratura e ha deciso di reagire perchè «non si può consentire che tutti insultino il premier». Le offese al presidente del Consiglio, «le accuse assurde e ridicole», sono insulti a tutta l’Italia secondo il Cavaliere che in virtù di questo ragionamento conclude che «qualche giornale straniero, imbeccato da quelli italiani» «sputtana la nostra democrazia e il nostro Paese». Tutto questo fa parte di uno «spirito antitaliano» che va respinto.L’obiettivo «è portare a termine il mandato degli elettori», il mezzo sono le riforme. C’è tanto da fare, secondo Berlusconi. Basta guardare al fatto che la Consulta, bocciando il Lodo Alfano, ha adottato «un comportamento sleale nei confronti dell’istituzione parlamentare» e bisogna ora «evitare che non si ritorni al fatto che il popolo non conta niente e a un Parlamento che non può legiferare». Insomma, secondo il premier la Corte «non è organo di garanzia ma è organo politico». Poi, sempre per il pianeta giustizia Berlusconi torna all’attacco con la proposta di binari diversi per giudici e pm, con lo stop alle intercettazioni, con un nuovo piano per le carceri. Sul versante istituzionale il Cavaliere annuncia: «Dobbiamo trovare il modo di riportare il nostro Paese sulla strada di una vera e compiuta democrazia e libertà consentendo di governare il paese per un’intera legislatura».

C’è chi azzarda che la maggioranza abbia già individuato nel presidenzialismo o nel semi-presidenzialismo una delle strade per ottenere la stabilità. Per gli avversari il premier ha parole di fuoco, parla di una ’character assasination’ orchestrata da quello che per lui è «il leader carismatico del Pd» ovvero «l’editore di un giornale come Repubblica e come l’Espresso che ha aperto una campagna di attacco al premier, magari nella consapevolezza di avere un’azione civile in corso, affidata a un giudice del quale se ne sentiranno venire fuori delle belle». Un’azione, ha rilanciato, portata avanti «con una sentenza che mi avrebbe dovuto colpire patrimonialmente e quindi farmi fuori, facendo realtà i sogni di D’Alema che ebbe a dire che voleva vedermi sui gradini di un chiesa a chiedere la carità».



domenica 11 ottobre 2009

Nuovo Libro su GIORGIO ALMIRANTE


Oggi, LUNEDI 12, alle ore 18.00
al Circolo della Stampa di Milano
in Corso Venezia 16
Presentazione del nuovo libro
"GIORGIO ALMIRANTE, da Mussolini a Fini"
scritto dall'On.Vincenzo La Russa (fratello di Ignazio e Romano)

Interverranno:
Dominizia Carafoli (giornalista IL GIORNALE)
Prof.Roberto Chiarini (docente universitario)
On.Marco Follini (deputato del PD)

venerdì 9 ottobre 2009

Cosa è la democrazia...

Secondo il Dizionario Enciclopedico italiano ( Treccani ), alla parola democrazia si legge:
Forma di governo in cui il potere risiede nel popolo, che esercita la sua sovranità attraverso istituti politici diversi…. In particolare s’intende per democrazia una forma di governo che si basa sulla sovranità popolare esercitata per mezzo di rappresentanza elettiva.

In Itala il popolo, attraverso consultazioni elettorali, elegge i propri deputati nelle Camere che, a loro volta votano il governo che ha il compito e il dovere di legiferare secondo il programma presentato in campagna elettorale e accettato, in quanto votato, dalla maggioranza degli elettori.
Le leggi sono quindi indiretta volontà del popolo tramite i suoi eletti.

In Italia, come del resto in altri nazioni, la magistratura esercita un’azione di controllo sulle leggi per evitare anomalie e storture che potrebbero essere penalizzanti nei confronti del cittadino tramite un organismo di livello superiore, in Italia la Corte Costituzionale.

L’anomalia e la stortura in Italia sta nel fatto che, mentre le Camere sono elette dalla maggioranza dei votanti, nel caso dell’attuale maggioranza da circa 18 milioni di cittadini, l’organo di controllo, la Corte Costituzionale non è eletta dal popolo, ma per un terzo dalla magistratura, per un terzo dal Capo dello Stato e per un terzo dalle Camere in seduta congiunta.

Invece la magistratura esprime la sua opinione quale organo corporativo autoreferente e, purtroppo, politicamente orientato secondo il colore del sindacato di appartenenza del singolo magistrato; il Capo dello stato tende a premiare la parte politica che lo ha eletto, per lo più pre datata ovvero espressione di precedenti maggioranze e Capo dello Stato, lo stesso vale per gli eletti dalle Camere.

Conseguentemente il controllo delle leggi, cioè la Consulta, non è espressa dal popolo e, magari, esprime pareri diversi e opposti alla volontà attuale del popolo.

Poiché alla Corte Costituzionale può ricorrere qualsiasi magistrato che non condivide, o accetta la specifica legge, a volte con motivazioni pretestuose, finisce che non è più il popolo a esercitare la sua volontà, ma un ristretto gruppo elitario che non può neppure chiamarsi aristocrazia, in quanto non ha dato motivo e dimostrazione di essere migliore degli altri.

Ottobre 2009

F.to PUM

Milano: importante convegno sulla scuola

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L'associazione amica CNADSI, alla quale ci uniscono tanti valori comuni e con la quale un anno fa abbiamo sottoscritto un protocollo d'intesa, organizza per venerdì 23 ottobre 2009 a Milano il 66° Convegno Nazionale, dal titolo: "Ricostruire un edificio distrutto (scuola) a partire dal primo piano."

L'attenzione del Convegno sarà particolarmente (anche se non esclusivamente) rivolta alle scuole elementari.

Il Convegno avrà luogo pressoi la Sala Affreschi della Provincia di Milano, in Via Vivaio, 1, con il seguente programma

- ore 9.30: apertura dei lavori, sauti delle autorità, lettura dei messaggi e relazione introduttiva del Presidente del CNADSI, Prof. Enrico Orsi;

seguono: relazione del Dott. Alessandro Gnocchi e della Sig.ra Clementina Melottti Boltri;
dibattito e presentazione di eventuali documenti;

- ore 13.00: pausa;
- ore 14.30: prosecuzione del dibattito e conclusioni;
- ore 16.00: assemblea dei soci del CNADSI

Il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, con prot. n. AOODGPER14687 del 1/10/2009 (da citare nella richiesta al Dirigente Scolastico) ha concesso l'esonero dal servizio alle consuete condizioni ai docenti e Dirigenti Scolastici che parteciperanno al Convegno.

Tutti siete cordialmente invitati.

Per l'AESPI:
il coordinatore delle attività di formazione
Prof. Giuseppe Manzoni di Chiosca

giovedì 8 ottobre 2009

DESTRAFUTURO con il Governo BERLUSCONI


Notizia Agenzia ANSA
Mercoledì 7 ottobre ‘09
Roma, Palazzo Grazioli

Dichiarazioni del Premier Silvio Berlusconi sulla bocciatura del Lodo Alfano:

"Continueremo a lavorare con o senza lodo, io non ci ho mai creduto perchè con una Corte Costituzionale con 11 giudici di sinistra era impossibile che lo approvassero. Dopotutto la sintesi qual è ... meno male che Silvio c'è, perchè se non ci fosse silvio con tutto il suo Governo e con il supporto del 70% degli italiani saremmo in mano a una sinistra che farebbe del nostro Paese quello che spete tutti. Abbiamo una minoranza di magistrati rossi organizzatissima che usano la giustizia a fini di lotta politica, abbiamo il 72% della stampa che è di sinistra, abbiamo tutti gli spettacoli di approfondimento della televisione pubblica pagata con i soldi di tutti che sono di sinistra, ci prendono in giro anche con gli spettacoli comici; il capo della Stato sapete voi da che parte sta. Noi andiamo avanti i processi che mi scaglieranno addosso a Milano sono delle autentiche farse, ma io li sbugiarderò tutti. Queste cose qua a me mi caricano, agli Italiani gli caricano. W l' Italia evviva Berlusconi"

mercoledì 7 ottobre 2009

Manifestazione Nazionale del Popolo della Libertà


"Il 9 novembre celebreremo la nascita dell’Europa libera."


Lo ha affermato uno dei tre coordinatori nazionali del Pdl Ignazio La Russa, a proposito dell’ipotesi di una manifestazione organizata dal Pdl.


"Discuteremo a prescindere dalla decisione sul lodo Alfano. Ci sono due iniziative che erano e restano in cantiere: una grande manifestazione di popolo che sarebbe la prima da quando il Popolo della liberta’ e’ nato come partito, che ricorda quella che lo fece nascere in realta’ il 2 dicembre e sarebbe anche questa in dicembre e il tema generale e’ la vicinanza del Governo Berlusconi alla volonta’ popolare e quindi la conferma che il Governo Berlusconi mantiene gli impegni e rispetta la volonta’ popolare, che non e’ cosa da poco. Rispettare la volonta’ popolare e il programma, questo sta facendo il Governo Berlusconi.

Il Progetto Futurista ALTAVIA Milano

Dopo il servizio (a tutta pagina) su Il Giorno e l'intervista su Telelombardia al Presidente della Associazione culturale-professionale Sinergie Milano 2015, Dott. Massimo Grecchi, ieri, sul quotidiano Libero è comparso un piccolo quanto significativo trafiletto con foto.



lunedì 5 ottobre 2009

DESTRAFUTURO continua a crescere!


Il Comitato promotore:

Carlo Brignolo Gorla (Portavoce)

Antonio De Simone

Roberto Jonghi Lavarini

Flavio Nucci

Michele Puccinelli (Coordinatore)

Dario Vermi

Aderiscono alla iniziativa:

Ferruccio Balzan

Giuliana Bertone

Franco Calderoni

Gianpaolo Calligarich

Mario Capponi

Lorenzo Castello

Alessandro Comneno d'Otranto

Giuseppe Costi

Prof. Fernando Crociani Baglioni

Prof. Antonio La Bollita

Franco Maestrelli

Prof. Giuseppe Manzoni di Chiosca

Francesco Marotta

Ademaro Massa

Valentina Panizza

Massimo Parise

Gen. Ettore Poggi Pollini

Paolo Roccatagliata

Prof. Angelo Ruggero

Grazia Russo Massaro

Sergio Spinelli

DESTRAFUTURO anche su Facebook e Twitter



DESTRAFUTURO è presente anche su
FACEBOOK e TWITTER
@

La Milano del futuro: il progetto ALTAVIA

Ecco il primo importante articolo, pubblicato sul quotidiano Il Giorno, oggi in edicola, in merito al nostro Progetto Futurista Milano Alta Via, presentato dal Dott. Massimo Grecchi, Presidente della nostra Associazione Culturale-Professionale Sinergie Milano 2015.


Si tratta di un primo "sasso nello stagno", presto seguiranno i Comunicati e la Conferenza Stampa di Presentazione Ufficiale.


L'avveniristico progetto che prevede una funivia metropolitana che collega l'Areoporto di Linate alla Fiera di Rho-Pero, ha già incassato il sostegno di importanti esponenti politici del centro-destra, sia del Popolo della Libertà che della Lega Nord, oltre che di autorevoli Docenti Universitari e di noti Imprenditori italiani.

www.sinergiemilano2015.it
(presente anche su Facebook)
staff@sinergiemilano2015.it






sabato 3 ottobre 2009

Nasce DESTRAFUTURO

Dopo l’attenzione e l’interesse suscitato dal nostro volantino di lancio dell’iniziativa e a seguito delle richieste di adesione che ci hanno stimolato a proseguire in quanto intrapreso, desideriamo confermare che DESTRAFUTURO nasce come forma partecipativa e di pressione per il rilancio della politica di Destra, in particolare in ambito PdL.

DESTRAFUTURO si caratterizza per presa di posizione creativa e critica sugli argomenti di maggiore impatto politico attuale quali: sicurezza dei cittadini, cittadinanza e voto agli immigrati, mobilità e ambiente, decremento demografico, energia e ecologia.

DESTRAFUTURO organizzerà a breve un incontro fra tutti quelli che hanno dato la loro adesione per reciproca conoscenza e discussione politica.

Alleghiamo modulo di adesione che invitiamo a compilare per agevolare i reciproci contatti e informative che potrete anche rilevare dal nostro blog ed e-mail di seguito indicati.

Milano, ottobre 2009

destrafuturo@gmail.com


La sede provvisoria è in Via Strambio 9, a Milano, presso il Circolo Arti e Professioni.

venerdì 2 ottobre 2009

Automobile e libertà di movimento...


Lettera Aperta a Landi di Chiavenna, Assessore del Comune di Milano

Notiamo che anche tu crei qualche imbarazzo al buon Dio, strattonato da una parte e dall’altra non sa più a chi dare retta: a chi opera per incrementare la vendita delle automobili o a chi opera per disincentivarne l’uso e quindi la vendita.

A pagina 33 del Corriere della Sera di oggi 02-10-2009, parte finanza si legge;
EFFETTO INCENTIVI LA FIAT VOLA IN BORSA
Con sottotitoli “Torino si è impegnata a non ridurre la produzione in Italia”

E sempre sullo stesso giornale a pagina 7, parte cronaca di Milano, si legge:
PIU’ INVESTIMENTI ANTISMOG O SALUTE A RISCHIO
Sempre con sottotitoli tipo”tre mesi di tempo per decidere sul ticket d’ingresso. Landi e Croci: andare avanti”

La prima notizia fa dire a Marchionne “che Dio li benedica”, la seconda riempie di gioia il mondo ( falso ) ecologista. Da una parte si vuole incrementare l’industria automobilistica e conseguente mantenimento del livello occupazionale; dall’altra si vuole ridurre l’uso dell’automobile, e quindi l’acquisto, per diminuire i rischi per la salute dei cittadini. A parte ricordare che il livello di aspettativa di vita medio del cittadino italiano si è alzato di circa 10 anni negli ultimi 10 anni, è da decidere chi abbia ragione. C’è da sperare che il buon Dio nella Sua infinita saggezza prenda la decisione giusta. Nel contempo prendiamo atto che, sia per l’erogazione di bonus per acquisto auto, sia per investimenti antismog è sempre il cittadino a pagare. E’ nostra opinione che la politica ideologica di Croci e conseguenti decisioni, che tutta la giunta del Comune accetta o comunque subisce, in molti casi ottengano l’effetto contrario a quello voluto, ( lo abbiamo illustrato in una breve ma precisa monografia prodotta alcuni mesi fa e distribuita ai consiglieri comunali PdL ), e ci ripromettiamo un convegno a breve sull’argomento. La moda ecologica, che sembra avere contagiato molti nostri politici, gioca brutti scherzi come quello dell’energia alternativa, rinnovabile o pulita che dir si voglia e anche su questo tema abbiamo pensato a un ampio convegno con interventi di alto livello che possa illustrare a amministratori di buon senso le buone scelte, non a Croci, convincere il quale non è difficile, ma inutile. Si è messo in testa di passare alla storia come colui che ha disinventato l’automobile e guai a chi lo fa ragionare.

M.P. per DESTRAFUTURO
Milano 02-10-2009

Carlo Brignolo Gorla, Portavoce di DESTRAFUTURO


Chi è il nuovo Portavoce Ufficiale di DESTRAFUTURO.


Carlo Brignolo Gorla, 46 anni, milanese di Porta Romana, Laureato in Giurisprudenza, esperto di diritto e transazioni finanziarie, Consulente di importanti società internazionali e di clienti istituzionali esteri. Ha ottenuto diversi master e corsi di specializzazione in giro per il mondo, ha ricoperto ruoli rilevanti in diverse società italiane ed associazioni di categoria.

Ex Carabiniere Ausiliario presso il Comando Regionale della Lombardia, è un grande appassionato di golf, musica jazz (suona il sax), di pesca sportiva (alla mosca), della buona cucina italiana e delle passeggiate in campagna con la fidanzata ed il suo cane Jakie.

Da sempre "uomo di destra", già Dirigente di Alleanza Nazionale e candidato al Consiglio Comunale di Milano. Attualmente è Segretario del Circolo "Gabriele D’Annunzio"
(circolo ambientale di A.N.) che ha fondato, nel 2000, insieme all’amico di sempre, “il mitico comandante” Antonio De Simone, già Tenenente dei Carabinieri.

Sono le radici, solide e profonde, a determinare la bontà dei frutti".


L'Onorevole Avv. Paolo Frassinetti è intervenuta alla festa per il 100° Compleanno della Ausiliaria Amelia Bighelli, Capo Nucleo del S.A.F. (Servizio Ausiliario Femminile) della Repubblica Sociale Italiana e storica militante del Movimento Sociale di Milano.

"Sono le radici, solide e profonde, a determinare la bontà dei frutti"

Nata a Genova il 2 maggio 1956, consegue la maturità classica al Liceo Carducci, si laurea in Giurisprudenza all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Esercita la professione di avvocato civilista. Responsabile negli anni '70 del Dipartimento Cultura del Fronte della Gioventù, poi Dirigente Nazionale del Movimento Sociale Italiano. Nel 1994 aderisce al progetto politico di Alleanza Nazionale e poco dopo, insieme a Gianni Alemanno, fonda l'Associazione Culturale "Area" che si prefigge il compito di diffondere le tematiche identitarie e sociali della Destra italiana.

Ricopre attualmente la carica di componente della Direzione Nazionale di Alleanza Nazionale.
Entra a far parte del Consiglio Provinciale di Milano nel giugno 1997; riconfermata Consigliere Provinciale nel giugno del '99 viene poco dopo eletta Vice Presidente Vicario del Consiglio. Nel 2001 viene nominata Assessore all'Istruzione e all'Edilizia scolastica e ricopre la funzione di Coordinatore degli Assessori all'Istruzione dell'Unione delle Province Lombarde. Negli anni di governo a Palazzo Isimbardi si distingue nelle battaglie per un'istruzione libera e di qualità, per la riqualificazione ed il rilancio di decine di complessi scolastici, per il diritto allo studio e la centralità di studenti e famiglie, per la valorizzazione della cultura classica e nazionale, per il coraggioso recupero di intere pagine dimenticate della nostra storia, con l'obiettivo ambizioso di contribuire a ricostruire una memoria storica condivisa per il popolo italiano.

Nelle Elezioni Provinciali del giugno 2004 Paola Frassinetti porta il suo collegio (Milano 2 - Greco, Zara, Garibaldi, Gioia) ad essere il più votato nella lista di Alleanza Nazionale. Dopo la sconfitta del centrodestra alle Provinciali, è Capogruppo in Consiglio Provinciale e si distingue nell'opposizione determinata alla Giunta del diessino Penati e alla sua politica demagogica.
Nelle Elezioni Politiche 2006 Paola Frassinetti viene eletta tra i capilista di Alleanza Nazionale per la Camera dei Deputati nella circoscrizione Lombardia 1 (Milano e provincia - Monza e Brianza). Nel corso della XV Legislatura è componente dei seguenti organi parlamentari: giunta per le autorizzazioni, comitato permanente per i procedimenti di accusa, commissione giurisdizionale per il personale e VII commissione cultura, scienza ed istruzione.

Nelle Elezioni Politiche 2008 Paola Frassinetti viene rieletta tra i capilista del Popolo della Libertà per la Camera dei Deputati nella circoscrizione Lombardia 1. Ad inizio della XVI Legislatura viene eletta Vice Presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati.Dal 5 Agosto 2008 è Presidente della Commissione Giurisdizionale per il Personale della Camera dei Deputati.


Carissimi,

quale aderente al comitato promotore, Vi presento DESTRAFUTURO, costituita da noi, di destra, nel Popolo della Libertà. Come simbolo innazlziamo quello che fù della Giovane Italia ed del Fronte della Gioventù, la fiaccola Ideale con i colori della Patria, affiancata al simbolo del PDL.


AVANTI TUTTA!


Prof. Fernando Crociani Baglioni

Presidente

Centro Studi Storici e Politici Internazionali

Patria e Libertà


Comizio di Silvio Berlusconi a Milano




Intervento del Presidente Silvio Berlusconi alla Festa della Libertà di Milano


Contributo al dibattito sulla destra: l'intervento di Marco Valle


L’AGORA’ POSSIBILE.
UN LABORATORIO PER LA CULTURA LIBERATA


UN PASSAGGIO EPOCALE


Stiamo vivendo un tempo complesso, ambiguo. In tutto il mondo, Italia compresa, si stanno affermando con forza tre fenomeni differenti e contraddittori ma, tra loro, sinergici: il “turbocapitalismo”, la nuova rivoluzione tecno-scientifica, il (ri)sorgere del “pensiero antipolitico”. Questa triplice combinazione forma la base di quel complesso di fattori che definiamo la “globalizzazione liberista”. Un passo indietro. Con la fine del bipolarismo Est-Ovest sono andate definitivamente in crisi sia le vecchie economie fordiste che i “piani” socialisti. Finanza, tecnica e scienza liberi dagli obblighi di schieramento, hanno potuto dispiegare le loro enormi potenzialità. Con l’esaurimento degli schemi della “guerra fredda” (innestati, in ogni caso, su logiche, sempre politiche) si sono dischiusi nuovi scenari, paesaggi che la Politica non ha saputo più leggere e, tanto meno, dominare.


IL TRAMONTO DELLA POLITICA

In questi ultimi anni la Politica sembra destinata a spegnersi nell’amministrazione dell’esistente. Il “turbocapitalismo”, forte delle immense risorse tecnologiche ormai prive di controlli, tende ad assorbire la politica nell’economia e a modificare le regole, le garanzie sociali basiche e, persino, le strutture statuali. Ad ogni latitudine. Si tratta di un brutale meccanismo d’esproprio delle sovranità nazionali e popolari a cui, con differenti sfumature, il “pensiero antipolitico” offre un raffinato alibi culturale ed una copertura teorica articolata. Il “pensiero antipolitico” è trasversale e ad interpretarlo non sono solo gli apologeti di Karl Popper e Ludwig von Mises o le fondazioni create dalle multinazionali. Assieme a loro si agitano, in nome dell’internazionalismo o dell’ecumenismo, gli epigoni delle culture marxiste, gli esponenti del peggior cristianesimo progressista (protestanti o cattolici, poco importa…) e, talvolta, anche gli esegeti del localismo più esasperato. Al di là delle contrapposizioni apparenti e dei diversi mezzi impiegati (le guerre “umanitarie” o i disordini di piazza), le radici sono le medesime (il Calvinismo, l’Inghilterra seicentesca, l’Illuminismo, il 1789, il 1917…) come identici sono gli schemi valoriali (il mito del progresso, l’egualitarismo, i “diritti umani”, il multiculturalismo) e gli obiettivi ultimi (il governo planetario, la pace universale, il “paradiso” in terra). In Occidente l’affermarsi di questo processo ha determinato una forte gerarchizzazione delle ricchezze e della loro gestione ed una sempre più rigida oligarchicizzazione dei poteri e dei livelli decisionali pratici. Nelle democrazie avanzate questo meccanismo sottrae sempre più spazio alla politica, demotivandone il controllo da parte degli elettorati attivi e restringendo sempre più le capacità decisionali fino a concentrarle nelle mani di pochi ambienti ad alta qualificazione tecnologica e finanziaria. E’, in sintesi, il modello post-democratico anglo-sassone, per cui il declino della Politica non soltanto segna il tramonto dello Stato, di qualsiasi idea di Stato, ma significa la stessa “fine della Storia”. Lo straordinario patrimonio tecnologico e mediatico, la forza militare, l’omogeneità linguistica, la comune base culturale (ricordiamo, a proposito, Max Weber e i suoi lavori sul protestantesimo come base del moderno capitalismo) fanno degli Stati Uniti e dell’intera area anglo-sassone, l’agente principale dei processi di mercantilizzazione del pianeta e di depoliticizzazione delle società. Ma non si tratta di passaggio “dolce” pacifico, accettato. Ovunque si odono squilli di rivolta, rullano i tamburi di guerra, nuove battaglie si annunciano. Prenderne atto, valutando tutte le implicazioni, è un atto di necessario realismo politico.


IL RE E’ NUDO

La critica alla globalizzazione liberistica non è monopolio delle sinistre. Anzi. Da tempo studiosi anticonformisti (per esempio, il premio Nobel Joseph Stiglitz e, poi, Edward Luttwak, Peter Singer, Sergio Romano, Geminello Alvi, Stefano Zecchi, Marcello Veneziani, Franco Cardini, Alain de Benoist, Incisa di Camerana, Virgilio Ilari e tanti altri), sottolineano i limiti del processo in atto. Del resto, basta scorrere la cronaca per comprendere che ovunque, dall’Indonesia alla Russia, dall’Argentina agli stessi USA, le ricette del liberalismo selvaggio sono fallite. Come nell’antica favola, il “re è nudo”, eppure pochi hanno il coraggio di gridarlo… Non è quindi un caso che il “pensiero unico” liberista incontri notevoli difficoltà ad imporsi su quel “paesaggio plurale” ed incredibilmente differenziato che è l’Europa. Il Vecchio Continente, con le sue tradizioni politiche, il suo potenziale economico, i suoi giacimenti culturali e le possibili risorse militari, non solo sarà il principale concorrente del blocco anglo-statunitense ma già oggi rappresenta, con il suo senso profondo della Polis e dell’Agorà, un’alternativa realistica alla mitologia mondialista.
La nostra non è una battaglia di retroguardia. L’Europa che noi amiamo affonda le sue radici nel mito di Prometeo e di Ulisse. La Tecnica, la scienza, lo sviluppo, la ricerca, la curiosità non ci spaventano. Anzi. Noi, come italiani ed europei, siamo figli ed eredi di una civiltà di scoperte,“globale” ed imperiale. Ma, a differenza degli statunitensi, nessun fatalismo può indurci ad affermare che alla globalizzazione dell’economia e della tecnica debba corrispondere la globalizzazione della cultura e il tramonto del Politico. Siamo ancora convinti che, nonostante tutte le delusioni, la guida della Polis spetti al Politico. Al mago, all’alchimista, al mercante, al predicatore, sono riservati altri ruoli. Lo scontro è culturale e va affrontato con fantasia e realismo, senza alcuna concessione a nostalgie bucoliche ma con il dovuto orgoglio intellettuale. Rifiutare un mondo organizzato sulla base di criteri unificati, omologanti e sostenere che esistano differenti vie allo sviluppo e alla modernità non è utopismo; Criticare l’avvento di un mercato planetario privo di regole, denunciare l’imposizione di un pensiero universalista, non è sinonimo di vuoto massimalismo; opporsi allo smantellamento di ogni schema statuale e di tutte le forme sociali e comunitarie non basate sul profitto, non significa temere o rifiutare la Tecnica o sognare impossibili arcadie.

QUALI RISPOSTE?

Questo panorama in continua evoluzione impone a chi crede nella Politica analisi innovative e decisioni coraggiose. Partendo proprio da una visione “forte” dell’Europa la Destra può offrire un disegno complesso che si contrapponga al modello utilitarista ed economicista oggi proposto (o imposto…). Tutto è possibile. Basta crederci e ri-fissare un progetto storico nell’attualità. Per farlo è indispensabile superare subito le mediocrità del tatticismo, della “navigazione a vista”. Archiviamo perciò l’obsoleto, il vecchio e affrontiamo il nuovo. Su questa “linea di frontiera” la Destra non è sola. Ad affermare il primato della Politica e della decisione, a difendere l’idea di Stato (nelle sue tante declinazioni e sfumature), a proporre visioni identitarie e una differente idea di sviluppo, vi è anche un’area composita, magari non immediatamente riducibile negli schemi politici attuali. Pensiamo a spezzoni del mondo cattolico (C.L in primis), a settori della diaspora socialista, agli intellettuali e giornalisti anticonformisti (da Romano a Socci, da Feltri a Fini, da Alberoni a Zecchi o ai gruppi di Ideazione e Limes) e ad imprenditori coraggiosi come Armani, Missoni, Ferragamo. Spetta alla Destra politica dialogare con tutti questi soggetti e assieme ad essi creare (in modo trasversale e coinvolgente) gli strumenti per rispondere alle sfide della modernità.

UN LABORATORIO E TANTI PUNTI D’OSSERVAZIONE

Bisogna da subito fissare dei punti di coagulo, delle “zone franche” su cui, alla luce del mutamento epocale in atto, creare lavoro politico e culturale, dibattiti e sinergie inattese. Ecco l’urgenza di organizzare un laboratorio aperto sotto forma di Fondazione, strutturato in più osservatori settoriali o locali. In questa prima fase abbiamo individuato alcuni temi principali su cui operare. Eccoli.


A. Tecnica e Patria

Con un’intensità imprevista e una velocità vertiginosa, il cambiamento tecno-scientifico sta mutando in profondità la quotidianità d’ognuno di noi. Libere da ogni controllo etico e politico, le nuove scienze –– la cibernetica, l’informatica, la genetica, etc. –– stanno scrivendo il nostro futuro. Ogni giorno. A questo riguardo il silenzio della Politica è assordante. Abbandonare questo terreno di scontro, magari in nome di una presunta “neutralità” della scienza, è semplicemente imperdonabile. L’assenza o il silenzio della Politica apre spazi ad altri soggetti critici; pensiamo alla Chiesa cattolica, agli ecologisti o alle varie sette pseudospiritualiste. Una forza politica che si vuole storica ha il dovere di studiare, capire e guidare la trasformazione tecno-scientifica. In nome dell’interesse nazionale. E’ perciò indispensabile la realizzazione di uno spazio pensante (ed operante) che, nel segno dell’intelligenza italiana, coaguli le tante energie intellettuali disperse nelle università o nel mondo del lavoro e s’imponga come un interlocutore credibile per quella parte del mondo scientifico nazionale che non ha ancora deciso d’emigrare oltreoceano (e, una volta laggiù, vincere qualche Nobel…).


B. Geoeconomia e sistema Italia


La “morte annunciata” della Fiat s’interseca con il più generale processo di deindustrializzazione del nostro Paese. Il limitato peso dell’ormai unica industria automobilistica italiana (il “peso” dell’auto sul PIL è stimato, indotto compreso, tra l’0,4 e lo 0,6 %) non può consolarci: a causa di scelte socio-economiche sbagliate, una delle poche industrie simbolo italiane (la FIAT figurava, assieme a sole altre otto aziende nazionali, nella lista delle 500 imprese globali del pianeta) rischia di scomparire. Il prezzo della crisi torinese rischia d’essere terribilmente alto per l’intero sistema Italia. Al di là della cronaca politica e sindacale, la Nazione rischia di diventare tra breve una colonia economica dei paesi più forti. E’ perciò necessario avviare, alla luce delle parallele esperienze britanniche, francesi e tedesche, un ragionamento serrato e freddo sulle ragioni sui troppi ritardi e le tante incapacità strutturali del sistema industriale italiano (purtroppo ancora imperniato sul trinomio Mediobanca-IFI-Tesoro). La Fondazione può essere il luogo d’incontro adatto. Ma accanto al tramonto di quella che un tempo potevamo definire la nostra “industria-potenza”, vi è un 92% del tessuto imprenditoriale costituito da piccole e medie imprese. Si tratta di un patrimonio importante e prestigioso (pensiamo alla filiera dell’eccellenza, al settore agro-alimentare o a quello farmaceutico), eppure, per molti motivi, incapace di competere pienamente sui mercati internazionali. Ai tanti imprenditori locali (distribuiti su quasi cento distretti) che con armi impari combattono in un mondo globalizzato, la Destra di governo può e deve dare rappresentanza e voce.


C. Istituzioni e Politica

Ricostruire un’idea dignitosa di sistema Italia significa anche ricostruire un’idea di Stato. Mezzo secolo d’eclisse dei valori nazionali, causati dall’egemonia catto-comunista e poi dall’attuale ondata tecno-scientifica, hanno indebolito la già scarsa coscienza civica degli italiani. Come ricordava De Rita nel suo ultimo saggio, gli italiani si stanno sempre più distanziando dalle Istituzioni (e dalla politica) e si rinchiudono in un nuovo individualismo (le c.d moltitudini). Pensare di invertire il processo agitando la bandiera del centralismo è folle. E’ invece compito della Destra costruire un nuovo equilibrio istituzionale in cui far incontrare le esigenze regionalistiche, la fedeltà allo Stato nazionale, la speranza europea. Dobbiamo perciò creare un laboratorio d’ingegneria istituzionale che elabori, al di là delle necessità tattiche del momento, un progetto statuale “alto” ma realistico. Nel tracciarlo dobbiamo tenere conto delle tante potenzialità nazionali ma anche delle debolezze storiche dell’Italia. Il nostro Paese assomiglia ad “un’arcipelago, segnato com’è da un grande policentrismo di soggetti, di situazioni territoriali e di poteri. E’ quindi del tutto inadatto al verticalizzato paradigma piramidale della nostra tradizione istituzionale, sia esso interpretato dallo Stato Nazionale che da venti piccole piramidi di governo regionale” (G. De Rita).


D. Un nuovo patriottismo

Ma, nonostante le tante criticità ricordate, l’identità nazionale resta per la grande maggioranza dei nostri connazionali un’esigenza centrale. Oggi più che mai. Come ricorda l’ultima ricerca del Sole 24 Ore (Tendenze 2003): “i fatti dell’11 settembre hanno ulteriormente acuito il nostro bisogno identitario, come antidoto all’incertezza dei tempi in cui viviamo, come condizione indispensabile per accedere a risorse di trascendenza che ci aiutino a ridurre l’ansia di fronte all’idea della nostra morte, ma anche come reazione a civiltà, come quella islamica, connotate da identità sociali estremamente solide, dalle quali ci sentiamo minacciati, ma verso le quali, al contempo, proviamo una sottile ammirazione, se non altro perché ci rendiamo conto della sostanziale debolezza delle nostre appartenenze sociali, per le quali difficilmente riusciremmo a sacrificarci. Dopo l’11 settembre, pertanto, si è affermata una forte spinta a ritrovare sia i fondamenti storici dell’unità nazionale, sia i tratti antropologici e psicologici dell’”italianità”.
Senza dimenticare (o rimuovere) il nostro passato è perciò arrivato il tempo di ricreare un nuovo e moderno orgoglio nazionale. Immaginiamo un osservatorio che riunisca memoria e futuro, costruisca ricerca storica e, al tempo stesso, dialoghi con gli operatori dell’eccellenza italiana. Pensiamo ad un’isola di “cultura liberata” in cui far incontrare i reduci di El Alamein e gli artefici del Made in Italy (un nome chiave potrebbe essere Ottavio Missoni), gli studiosi del Risorgimento e (nonostante gli Agnelli) le energie vive dell’industria automobilistica italiana. E poi, ad un tavolo di lavoro attorno a cui dialogare sia con gli operatori enogastronomici sia con i tanti tecnici costretti a lavorare all’estero; vorremmo uno spazio in cui siano di casa i soldati che partono per le missioni oltremare e gli imprenditori (vedi Armani, Ferragamo, etc.) che esportano, inventano, rischiano. Tutti in nome dell’Italia. Questa è la “Patria del terzo millennio”.

E. L’Italia globale

Su queste coordinate (speriamo condivise…) l’interesse nazionale torna ad essere un dato centrale. Bisogna difendere duramente gli interessi dell’Italia in Europa (soprattutto nella prospettiva del prossimo semestre italiano) e nel Mediterraneo. L’antica debolezza internazionale (d’ordine psicologico prima che sostanziale) dell’Italia può e deve essere superata. Per farlo bisogna combattere la cultura rinunciataria e provinciale che ancor oggi alberga nelle menti dei gruppi dirigenti del Paese e ricordare a molti che, oltre ad essere una meta turistica, l’Italia è una delle principali potenze industriali del pianeta capace (come hanno dimostrato uomini come Beneduce, Mattei e tanti “piccoli” imprenditori) d’iniziative autonome e vincenti.
La particolarità geografica dell’Italia c’impone uno sguardo originale verso l’altra sponda dell’ex Mare Nostrum. Leggere le attuali tensioni con le lenti di Samuel Hungtinton è pericoloso ed inutile. Gli odierni conflitti in Medio Oriente e in Asia Centrale, hanno ragioni più profonde (e inquietanti) che quelle elencate dall’autore dello “Scontro delle Civiltà” o da Oriana Fallaci. In ogni caso, prima di impegnarci in una qualsiasi avventura militare (magari in nome di una nuova Lepanto) è il caso di chiederci, senza remore o insopportabili subalternità, dove effettivamente risiedano gli interessi del nostro Paese. Su queste linee è ipotizzabile un incontro con un mondo intellettuale non allineato.


F. Lo sguardo sulla città

Accanto a questi osservatori settoriali é importante costituire osservatori cittadini dedicati allo studio delle problematiche del territorio. Come ricorda De Rita, è sempre più diffusa nella società (e le dinamiche elettorali, dopo l’avvento del sistema uninominale, lo confermano) la logica localista; ciò non solo “per effetto della crescente importanza del territorio, ma anche dalla propensione dei cittadini a riscoprire la vita comunitaria, dalle loro crescenti aspirazioni alla qualità della vita, dalla crescente domanda di servizi a scala locale, dalla conseguente aumentata gamma di responsabilità delle autorità locali, in un crescente processo di articolazione diffusa dei poteri”. Per rispondere alle tante esigenze del territorio gli attuali schemi meramente amministrativi ed efficientisti non bastano. L’attuale sforzo di governo delle realtà locali risulterà alla lunga vano se non sapremo ripensare la città per liberarla dalla cinquantennale dittatura della bruttezza, del provvisorio o del nonsenso. Il risultato di questa lunghissima egemonia antiestetica è sotto i nostri occhi: quartieri dormitorio, zone a villette prive d’anima, periferie grigie, interminabili centri commerciali che sfigurano l’ingresso delle città, proliferazione dei “non luoghi” anonimi che si rivolgono ad utenti frettolosi, centri storici desertificati o abbandonati ai servizi commerciali, edifici privi di uno stile comune, di un senso estetico… Riprendendo, per esempio, gli studi del Touring Club e le provocazioni di Stefano Zecchi sul destino dell’urbanistica, gli osservatori locali della fondazione possono essere i promotori di tanti “manifesti per la città nuova”, una serie di documenti programmatici cui sviluppare nel tempo una diversa azione di governo locale. Gli spunti di riflessione non mancano: pensiamo alla riabilitazione dei quartieri storici, la riqualificazione progressiva delle zone-dormitorio e delle concentrazioni strettamente commerciali, la diversificazione dei mezzi di trasporto, il rilancio del trasporto su rotaia, la revisione radicale dell’arredo urbano e il contenimento dell’inquinamento visivo e acustico.


IN CONCLUSIONE

Lo schema di lavoro presentato è certamente incompleto e necessita di notevoli approfondimenti. Lo sappiamo. Era però importante, ed è il senso di questa proposta, fissare un possibile punto di partenza e immaginare possibili approdi. Lo abbiamo fatto sulla base di due convinzioni profonde. In primis, che per la Destra non esistono leggi naturali nella Storia. Nemmeno le cosiddette leggi del mercato lo sono. Esse, in ultima analisi, sono i semplici risultati di condizioni esterne, ma soprattutto di scelte. Al tempo stesso, riteniamo che mai come in questi tempi d’eclisse della politica e di primato dell’economia le categorie del politico sono apparse così primarie, necessarie. Politica, dunque, come volontà regolatrice del vivere associato e come prassi attuativa di tale vivere; anche le scelte e le leggi economiche sono un fatto politico. Come ci avvertiva Carl Schmitt è sempre e solo la decisione che conta. E la Destra è cultura della decisione.


MARCO VALLE