Capita che si viaggi all’estero di tanto in tanto.
Capita che si incontrino altri occidentali e si faccian due chiacchere.
Capita che l’interlocutore, fiero cittadino di un democratico stato occidentale, una volta saputo che siamo italiani abbozzi un sorriso di convenienza, poi rifletta per qualche secondo e con un entusiasmo quasi canzonatorio, neanche stesse declamando la divina commedia, erutti in un classico " Bella Italia, mafia, ferrari, pizza".
Al che, come cittadini italiani, restiamo spesso perplessi, abbozziamo un sorriso di circostanza, scrolliamo le spalle e continuiamo a parlare d’altro.
Capita a volte di lavorare per una compagnia straniera, e, durante una cena di lavoro, sentirsi chiedere dal proprio manager " Scusa come sta la mafia?" neanche fosse un amico di vecchia data che non si sente da un po’, ma di cui, in quanto italiano, si dovrebbe sapere tutto.
Ma perche’ capita?
Ci sono nazioni del mondo che darebbero parte del loro Pil per avere un decimo della nostra storia; si aggrappano ai pochi scampoli di storia certificabile che posseggono al punto di etichettare ogni edificio, albero secolare, persino qualche roccia, con il nome di un padre fondatore che li si fermo’ per qualche attimo, stanco e meditabondo, prima di compiere qualche impresa di cosi’ grande rilevanza da guadagnare un degno posto nella storia.
L’Italia ha storia da esportare. Se si dovesse porre una targhetta su ogni luogo di interesse storico non ci sarebbe piu’ posto per gli italiani.
L’Italia diede i natali ad alcune delle menti piu’ illustri del genere umano. Leonardo non era certo germanico, Fermi non era francese.
Il mondo ci invidia le nostre bellezze paesaggistiche, la cucina, lo stile di vita sempre ottimista anche quando ci cade il cielo in testa, forse il mondo dovrebbe anche conoscere quello che l’Italia non dice.
Quanti giovani nel mondo sanno che le ricerche e gli sviluppi che portarono al formato comunemente noto come mp3 devono la loro origine ad un italiano.
Spesso si sente dire che l’Italia esporta cervelli; ne parlano giornali ne discutono giornalisti, ma i cervelli intanto scappano.
Che cosa manca ad un popolo sopravvissuto a guerre, pestilenze, invasioni da oltre 2000 anni, per poter marcare il passo fiero e orgoglioso della propria storia.
Forse è un problema di comunicazione.
Nessuno parla degli immigrati provenienti dai paesi in via di sviluppo che, nel tempo, han trovato riparo, una casa, un lavoro in Italia. Tutti i media occidentali parlano delle leggi repressive. Tuttavia quando accogliamo gli immigrati siamo subito tacciati di essere il ventre molle d’Europa.
Gli italiani riescono ad essere individualisti all’estremo, dimentichi di vivere in una nazione dalle potenzialità straordinarie. Criticare l’Italia è spesso un gioco nazionale che tutti perseguono con caparbia determinazione.
Forse le cose dovrebbero cambiare.
Quando qualcuno ci riconosce come italiani, nemmeno fosse il marchio della bestia, perche’ non soffermarci 2 minuti a spiegare che l’Italia non si riassume in tre parole.
2 Minuti, non sono tanti, ma se ogni italiano in qualunque parte del mondo li dedicasse a promuovere la nostra nazione, forse le cose cambierebbero.
EV
Capita che si incontrino altri occidentali e si faccian due chiacchere.
Capita che l’interlocutore, fiero cittadino di un democratico stato occidentale, una volta saputo che siamo italiani abbozzi un sorriso di convenienza, poi rifletta per qualche secondo e con un entusiasmo quasi canzonatorio, neanche stesse declamando la divina commedia, erutti in un classico " Bella Italia, mafia, ferrari, pizza".
Al che, come cittadini italiani, restiamo spesso perplessi, abbozziamo un sorriso di circostanza, scrolliamo le spalle e continuiamo a parlare d’altro.
Capita a volte di lavorare per una compagnia straniera, e, durante una cena di lavoro, sentirsi chiedere dal proprio manager " Scusa come sta la mafia?" neanche fosse un amico di vecchia data che non si sente da un po’, ma di cui, in quanto italiano, si dovrebbe sapere tutto.
Ma perche’ capita?
Ci sono nazioni del mondo che darebbero parte del loro Pil per avere un decimo della nostra storia; si aggrappano ai pochi scampoli di storia certificabile che posseggono al punto di etichettare ogni edificio, albero secolare, persino qualche roccia, con il nome di un padre fondatore che li si fermo’ per qualche attimo, stanco e meditabondo, prima di compiere qualche impresa di cosi’ grande rilevanza da guadagnare un degno posto nella storia.
L’Italia ha storia da esportare. Se si dovesse porre una targhetta su ogni luogo di interesse storico non ci sarebbe piu’ posto per gli italiani.
L’Italia diede i natali ad alcune delle menti piu’ illustri del genere umano. Leonardo non era certo germanico, Fermi non era francese.
Il mondo ci invidia le nostre bellezze paesaggistiche, la cucina, lo stile di vita sempre ottimista anche quando ci cade il cielo in testa, forse il mondo dovrebbe anche conoscere quello che l’Italia non dice.
Quanti giovani nel mondo sanno che le ricerche e gli sviluppi che portarono al formato comunemente noto come mp3 devono la loro origine ad un italiano.
Spesso si sente dire che l’Italia esporta cervelli; ne parlano giornali ne discutono giornalisti, ma i cervelli intanto scappano.
Che cosa manca ad un popolo sopravvissuto a guerre, pestilenze, invasioni da oltre 2000 anni, per poter marcare il passo fiero e orgoglioso della propria storia.
Forse è un problema di comunicazione.
Nessuno parla degli immigrati provenienti dai paesi in via di sviluppo che, nel tempo, han trovato riparo, una casa, un lavoro in Italia. Tutti i media occidentali parlano delle leggi repressive. Tuttavia quando accogliamo gli immigrati siamo subito tacciati di essere il ventre molle d’Europa.
Gli italiani riescono ad essere individualisti all’estremo, dimentichi di vivere in una nazione dalle potenzialità straordinarie. Criticare l’Italia è spesso un gioco nazionale che tutti perseguono con caparbia determinazione.
Forse le cose dovrebbero cambiare.
Quando qualcuno ci riconosce come italiani, nemmeno fosse il marchio della bestia, perche’ non soffermarci 2 minuti a spiegare che l’Italia non si riassume in tre parole.
2 Minuti, non sono tanti, ma se ogni italiano in qualunque parte del mondo li dedicasse a promuovere la nostra nazione, forse le cose cambierebbero.
EV
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