L’Italia degli stranieri?
Nei prossimi giorni verrà proiettato un nuovo film americano.
Un’allegra commedia sul classico stereotipo della giovane americana che trova l’amore, dopo una serie di simpatici incidenti, in Italia, a Roma.
Tra le scene del film non si risparmieranno i classici che la subcultura americana ha dell’Italia tra cui il ballo della tarantella.
Ora mi domando che idea offriamo al mondo? Ancor piu’ interessante sarebbe capire, nella cultura popolare dei popoli occidentali, che immagine diamo di noi stessi.
Tempo fa ho avuto il piacere di dialogare con un amica americana, di New York. Ella mi presentava l’Italia in una tal foggia che nemmeno il piu’ valido promotore turistico avrebbe saputo far di meglio.
Quindi da un lato noi italiani, con il nostro modo di fare bonario, l’amore per la cucina, e altri sparuti stereotipi, come siamo percepiti dagli stranieri? Un miscuglio di paradiso terrestre e infernale burocrazia, il paese che diede i natali al brillante Da Vinci ( ultimamente riscoperto a livello mondiale grazie ad uno scrittore) e che ospita la tanto bistrattata ( sempre dallo stesso scrittore) chiesa Cristiana, una nazione la cui moda ci invidia il mondo ma, grazie a fatti che periodicamente avvengono al sud Italia, macchiata da avvenimenti che i media internazionali non esitano a definire da “terzo mondo”.
Ci sarebbe da discutere tuttavia di quest’Italia che, cosi’ favolosamente ricca di paesaggi e personaggi da sogno, gentilmente stereotipati nella subcultura popolare straniera, ha saputo reagire alla crisi in modo efficace, evitando di dover ricorrere a cosi’ brutali e ben poco raffinate pratiche di “quantitative easing”.
Un termine dall’elegante e sofisticata fragranza finanziaria che significa, semplicemente, la stampa e la distribuzione “selvaggia” di immani masse di denaro cartaceo nell’economia corrente, al fine di alleggerire la situazione di crisi economica nella quale l’intero mondo occidentale, e per effetto collaterale il resto del mondo, si trova.
Forse, al pari di molte nazioni che difendono, in modo piu’ o meno manifesto, politiche di esportazione-colonizzazione culturale, l’Italia dovrebbe dotarsi di un apparato di comunicazione, su base nazionale, che sia qualcosa di piu’ di un ministero della cultura o del turismo: un vero e proprio organo che difende, in modo dinamico e attivo, l’immagine della nostra nazione all’estero.
Un organo di questo tipo, e i suoi successi in campo di promozione dell’immagine, porterebbero ovviamente vantaggi di tipo economico alla nazione stessa, rendendo maggiormente rilevanti le opportunità che l’Italia ha da offrire ad investitori esteri nell’ambito delle risorse umane, logistica e produzione.
Forse, in questo modo, i cervelli la smetterebbero di fuggire all’estero per far ricerca, regalando opportunità di brevetti e scoperte a quelle nazioni occidentali che tanto ci invidiano le notre bellezze bucoliche e deplorano la nostra “arretratezza”.
Enrico Verga
Nei prossimi giorni verrà proiettato un nuovo film americano.
Un’allegra commedia sul classico stereotipo della giovane americana che trova l’amore, dopo una serie di simpatici incidenti, in Italia, a Roma.
Tra le scene del film non si risparmieranno i classici che la subcultura americana ha dell’Italia tra cui il ballo della tarantella.
Ora mi domando che idea offriamo al mondo? Ancor piu’ interessante sarebbe capire, nella cultura popolare dei popoli occidentali, che immagine diamo di noi stessi.
Tempo fa ho avuto il piacere di dialogare con un amica americana, di New York. Ella mi presentava l’Italia in una tal foggia che nemmeno il piu’ valido promotore turistico avrebbe saputo far di meglio.
Quindi da un lato noi italiani, con il nostro modo di fare bonario, l’amore per la cucina, e altri sparuti stereotipi, come siamo percepiti dagli stranieri? Un miscuglio di paradiso terrestre e infernale burocrazia, il paese che diede i natali al brillante Da Vinci ( ultimamente riscoperto a livello mondiale grazie ad uno scrittore) e che ospita la tanto bistrattata ( sempre dallo stesso scrittore) chiesa Cristiana, una nazione la cui moda ci invidia il mondo ma, grazie a fatti che periodicamente avvengono al sud Italia, macchiata da avvenimenti che i media internazionali non esitano a definire da “terzo mondo”.
Ci sarebbe da discutere tuttavia di quest’Italia che, cosi’ favolosamente ricca di paesaggi e personaggi da sogno, gentilmente stereotipati nella subcultura popolare straniera, ha saputo reagire alla crisi in modo efficace, evitando di dover ricorrere a cosi’ brutali e ben poco raffinate pratiche di “quantitative easing”.
Un termine dall’elegante e sofisticata fragranza finanziaria che significa, semplicemente, la stampa e la distribuzione “selvaggia” di immani masse di denaro cartaceo nell’economia corrente, al fine di alleggerire la situazione di crisi economica nella quale l’intero mondo occidentale, e per effetto collaterale il resto del mondo, si trova.
Forse, al pari di molte nazioni che difendono, in modo piu’ o meno manifesto, politiche di esportazione-colonizzazione culturale, l’Italia dovrebbe dotarsi di un apparato di comunicazione, su base nazionale, che sia qualcosa di piu’ di un ministero della cultura o del turismo: un vero e proprio organo che difende, in modo dinamico e attivo, l’immagine della nostra nazione all’estero.
Un organo di questo tipo, e i suoi successi in campo di promozione dell’immagine, porterebbero ovviamente vantaggi di tipo economico alla nazione stessa, rendendo maggiormente rilevanti le opportunità che l’Italia ha da offrire ad investitori esteri nell’ambito delle risorse umane, logistica e produzione.
Forse, in questo modo, i cervelli la smetterebbero di fuggire all’estero per far ricerca, regalando opportunità di brevetti e scoperte a quelle nazioni occidentali che tanto ci invidiano le notre bellezze bucoliche e deplorano la nostra “arretratezza”.
Enrico Verga
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